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Il Museo Archeologico di Santadi è stato inaugurato nel gennaio 2001, sotto l'egida del Ministero della Cultura, del Servizio Archeologico e del Dipartimento di Scienze Archeologiche e della Storia, dell'Arte e dell'Università degli Studi di Cagliari. Il ritrovamento nel 1968 dell'ipogeo Sul tempio di Benatzu, dedicato al culto delle acque sotterranee, aveva portato Santadi al centro del mondo archeologico sardo: nell'era della grotta erano stati rinvenuti santuari nuragici con migliaia di vasi e un gran numero di bronzi tra cui un treppiede, pugnali sacrificali, navi votive, una lamina d'oro e resti di gioielli. Successivamente il tempio furono indagate anche la tomba dei giganti di Barrancu Mannu, la città fenicia fortificata Pani Loriga e la necropoli prenuragica domus de Janas di Montessu, al momento situato nel comune di territorio di Santadi. Provvisoriamente i reperti sono stati conservati a Cagliari (nel Museo Archeologico Nazionale) e a Carbonia a Villa Sulcis, ma l'amministrazione comunale di Santadi è stata attivata per la realizzazione di un luogo adatto ad ospitare questi tesori: un moderno museo archeologico. Una volta terminato il museo, il Comune affidò l'allestimento all'Università di Cagliari. Attualmente il Museo Civico Archeologico è gestito dalla Semata Soc. Coop.
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